Pagina:I promessi sposi (1825) II.djvu/90

88

questa, a forza di politica, a forza d’aver giudizio, io ne usciva netto; e dovevi mo venir tu sulla fine, a guastarmi l’uova nel paniere. Manca osterie in Milano, che tu dovessi proprio capitare alla mia? Fossi almeno capitato solo; che avrei chiuso l’occhio per questa sera, e domattina te l’avrei data ad intendere. Ma signor no; in compagnia ci vieni; e in compagnia d’un bargello, per far meglio!

Ad ogni passo, l’oste scontrava nel suo cammino, o passeggieri scompagnati, o coppie, o quadriglie di gente, che giravano susurrando. A questo punto della sua muta allocuzione, vide venire una pattuglia di soldati; e tirandosi da banda, li guardò colla coda dell’occhio passare, e continuò tra sè e sè: – eccoli i castigamatti. E tu, pezzo d’asino, per aver veduto un po’ di gente in volta a far baccano, ti sei cacciato nel capo che il mondo abbia a voltarsi. E su questo bel fondamento, hai rovinato te, e volevi anche rovinar me; che non è giusto. Io faceva il possibile per salvarti; e tu, bestia, in ricambio, per poco non mi hai messa a romore l’osteria. Ora toccherà a te di uscir d’impiccio: per me ci provedo io. Come se io volessi sapere il tuo nome per mia curiosità! Che cosa m’importa a me che tu sia Taddeo o Bartolommeo? Io ci