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Don Gonzalo, ingolfato fin sopra i capelli nelle faccende della guerra, fece ciò che il lettore s’immagina certamente: nominò una giunta, alla quale conferì l’autorità di stabilire al pane un prezzo che potesse correre; così una cosa giusta per ambedue le parti. I deputati si radunarono, o come qui si diceva spagnolescamente nel gergo segretariesco d’allora, si giuntarono; e dopo mille riverenze, complimenti, preamboli, sospiri, reticenze, proposizioni in aria, tergiversazioni, strascinati tutti verso una deliberazione da una necessità sentita da tutti, certi che tiravano un gran dado, ma convinti che altro non v’era da fare, si accordarono ad aumentare il prezzo del pane. I fornai respirarono; ma il popolo imbestialì.

La sera che precesse a questo giorno in cui Renzo capitò in Milano, le vie e le piazze brulicavano d’uomini, che trasportati da una indegnazione, predominati da un pensiero comune, conoscenti o estranei, si riunivano in cerchii, in brigate, senza accordo antecedente, quasi senza avvedersene, come gocciole pendenti sullo stesso declive. Ogni discorso accresceva la persuasione e la passione degli uditori, come di colui che lo aveva proferito. Fra tanti appassionati, v’eran pure alcuni di sangue più freddo, i quali stavano osservando con molto