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“Vengo”, rispose Renzo, “fino, fino da Lecco.”

“Fin da Lecco? Di Lecco siete?”

“Di Lecco... cioè del territorio.”

“Povero giovane! per quel che ho potuto capire dai vostri discorsi, ve ne hanno fatte delle grosse?”

“Eh! caro il mio galantuomo! ho dovuto parlare con un po’ di politica, per non dire in pubblico i fatti miei; ma... basta, qualche giorno si saprà; e allora.... Ma qui veggio un’insegna d’osteria; e in fede mia ch’io non ho voglia di andar più lontano.”

“No, no; venite dove ho detto io, che poco riamane di strada, disse la guida: qui non istareste bene.”

“Eh, sì;” rispose il giovane: “non son mica un signorino avvezzo nella bambagia, io: qualche cosa alla buona da mettere in castello, e un pagliericcio, mi basta: quel che mi preme è di trovar presto l’uno e l’altro. Alla provvidenza.” Ed entrò in una portaccia, sopra la quale pendeva l’insegna della luna piena.

“Bene; vi condurrò qui, giacchè volete,” disse lo sconosciuto; e lo seguì.

“Non occorre che v’incomodiate di più,” rispose Renzo. “Però,” soggiunse, “mi fate