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però non intese che i complimenti: chi gli prendeva una mano, chi gli prendeva l’altra. “A rivederci domani. — Dove? — Sulla piazza del duomo. — Sì bene. — Sì bene. — E qualche cosa si farà. E qualche cosa si farà.”
“Chi è di questi bravi signori, che voglia insegnarmi un’osteria, per mangiare un boccone, e dormire da povero figliuolo?” disse Renzo.
“Son qui io a servirvi, quel bravo giovane,” disse uno, che aveva ascoltata attentamente la predica, e non aveva detto ancor motto. “Conosco appunto un’osteria che è il vostro caso; e vi raccomanderò al padrone, che è mio amico, e galantuomo.”
“Qui presso?” chiese Renzo.
“Poco discosto,” rispose colui.
La ragunata si sciolse; e Renzo dopo molte strette di mani sconosciute, s’avviò collo sconosciuto, rendendogli grazie della sua cortesia.
“Niente, niente,” diceva costui: “una mano lava l’altra, e le due il viso. Non s’ha egli a far servizio al prossimo?” E camminando, faceva a Renzo, in via di discorso, ora una, ora un’altra inchiesta. Non per curiosità dei fatti vostri, ma voi mi parete stanco: da che paese venite?”