Pagina:I promessi sposi (1825) II.djvu/60


58

potenti e tiranni: eh eh! ci vorrebbe l’arca di Noè. Bisogna ch’egli comandi a chi tocca, e non solamente in Milano, ma da per tutto, che facciano le cose conforme dicono le gride, e formare un buon processo addosso a tutti quelli che hanno commesse di quelle iniquità; e dove dice: prigione, prigione; dove dice: galera, galera; e dire ai podestà che faccian di buono: se no, mandarli a spasso, e metterne dei migliori: e poi, come dico, ti saremo anche noi a dare una mano. E ordinare ai dottori che abbiano ad ascoltare i poveri, e a parlare per la ragione. Dico bene, i miei signori?”

Renzo aveva parlato tanto con cuore, che, fin dall’esordio, una gran parte dei radunati, sospeso ogni altro discorso, s’eran rivolti ad udirlo; e ad un certo punto, tutti erano divenuti suoi ascoltatori. Un clamore confuso di applausi, di “bravo, sicuro, ha ragione, è vero pur troppo,” tenne dietro alla sua arringa. Non mancarono però i critici. “Eh sì,” diceva uno: “dar retta ai montanari: son tutti avvocati;” e se ne andava. “Adesso,” mormorava un altro, “ogni scalzagatto vorrà dir la sua; e a furia di metter carne al fuoco, non si avrà il pane a buon mercato; che è quello per cui ci siam mossi.” Renzo