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“Già: il gran cancelliere,” gli fu risposto.

“È un galantuomo, n’è vero?”

“Altro che galantuomo! è quegli che aveva messo il pane a buon mercato; e non hanno voluto; e ora viene a prender prigione il vicario, che non ha fatte le cose giuste.”

Non occorre dire che Renzo fu tosto per Ferrer. Volle andargli incontro subito: la cosa non era facile; ma con certe sue pettate e gomitate da alpigiano egli riuscì a farsi luogo, e a portarsi in prima fila, proprio di fianco alla carrozza.

Era questa già un po’ inoltrata nella folla; e in quel momento stava ferma, per uno di quegli incagli inevitabili e frequenti in un’andata di quella sorte. Il vecchio Ferrer presentava ora all’una, ora all’altra finestrina degli sportelli, una faccia tutta umile, tutta piacevole, tutta amorosa, una faccia che aveva tenuta sempre in serbo per quando mai si trovasse al cospetto di don Filippo IV; ma fu costretto di spenderla anche in questa occasione. Parlava pure: ma il clamore e il ronzìo di tante voci, i viva stessi che si facevano a lui, lasciavano ben poco e a ben pochi intendere le sue parole. Si aiutava egli adunque col gesto, ora mettendo la punta delle mani sulle labbra, a prendere un bacio che