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non si curava di far sapere, massime ad un tal uomo. Pure trovò modo di aggiustarla con un picciolo stralcio; raccontò del matrimonio concertato, del rifiuto di don Abbondio, non tacque del pretesto dei Superiori ch’egli aveva messo in campo (ah, Agnese!) e saltò all’attentato di don Rodrigo, e come, essendo stati avvertiti, avevano potuto scappare. “Ma sì,” soggiunse e conchiuse: “scappare per incapparci di nuovo. Se in quello scambio il signor curato ci avesse detto sinceramente la cosa, e avesse subito maritati i miei poveri giovani, noi ce ne andavamo subito via tutti insieme, in segreto, lontano, in luogo che nè anche l’aria non lo avrebbe saputo. Così si è perduto tempo; ed è nato quel che è nato.”
“Il signor curato mi darà conto di questo fatto,” disse il cardinale.
“Signor no, signor no,” ripigliò Agnese: “non ho parlato per questo: non lo sgridi, perchè già quel che è stato è stato, e poi non serve a nulla; è un uomo così di natura: tornando il caso, farebbe lo stesso.”
Ma Lucia scontenta dì quel modo di raccontare la storia, soggiunse: “anche noi abbiamo fatto del male: si vede che non era la volontà del Signore che la cosa dovesse riuscire.”