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e don Abbondio si guardava bene di fare un atto che significasse chiaramente: non mi fido di vossignoria. Giunti all’uscio di strada, trovarono le due cavalcature in ordine: l’innominato saltò su quella che gli fu presentata da un palafreniere.
“Vizii non ne ha?” disse all’aiutante di camera don Abbondio, con un piede sospeso nella staffa, e l’altro piantato ancora in terra.
“Vada pur su di buon animo: è un agnello,” rispose quegli. Don Abbondio, aggrappandosi alla sella, sorretto dall’aiutante, su, su, su, è a cavallo.
La lettiga che stava dinanzi qualche passo, portata pur da due mule, si mosse ad una voce del lettighiero; e il convoglio partì.
Si doveva passare davanti alla chiesa zeppa di popolo, per una piazzetta zeppa anche essa d’altro popolo paesano e avveniticcio che non aveva potuto capire in quella. Già la gran novella era corsa; e all’apparire del convoglio, all’apparire di quell’uomo, oggetto ancor poche ore prima di terrore e d’esecrazione, ora di lieta maraviglia, si levò nella folla un mormorìo quasi d’applauso; e facendo largo, si faceva pur ressa per vederlo da vicino. La lettiga passò, l’innominato passò;