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un campanello. E tosto entrò con ansietà il cappellano crocifero, e la prima cosa guardò all’innominato: e vista quella faccia tramutata, e quegli occhi rossi di pianto, guardò al cardinale; e fra mezzo a quella inalterabile compostezza, scorgendogli in volto come un grave contento, una straordinaria sollecitudine, era per rimanere estatico colla bocca aperta, se il cardinale non l’avesse tosto svegliato da quella contemplazione, chiedendogli se tra i parrochi quivi radunati si trovasse quello di***.
“C’è, monsignore illustrissimo,” rispose il cappellano.
“Fatelo entrar tosto,” disse Federigo, “e con lui il parroco qui della chiesa.”
Il cappellano uscì, e andò nella stanza dove erano quei preti congregati: tutti gli occhi si rivolsero a lui. Egli, colla bocca tuttavia aperta, col volto ancor tutto dipinto di quell’estasi, alzando le mani, e muovendole per aria, disse: “signori! signori! haec mutatio dexterae Excelsi.” E stette un momento senza dir altro. Poi ripigliando il tuono e la voce della carica, soggiunse: “sua signoria illustrissima e reverendissima domanda il signor curato della parrocchia, e il signor curato di***.”
Il primo chiamato si fece tosto innanzi; e