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nuova vita in cui avrete tanto da disfare, tanto da riparare, tanto da piangere!”

“Me sventurato!” sclamò il signore: “quante, quante..... cose, le quali non potrò se non piangere! Ma almeno ne ho d’intraprese, di appena avviate, che posso, se non altro, rompere a mezzo: una ne ho che posso romper tosto, disfare, riparare.”

Federigo si fece attento; e l’innominato raccontò brevemente, ma con termini forse più efficaci d’esecrazione che non abbiam fatto noi, la sua impresa sopra Lucia, i patimenti, i terrori della poveretta, e come ella aveva implorato, e la smania che quell’implorare aveva messa addosso a lui, e come ella era ancor nel castello....

“Ah, non perdiam tempo!” sclamò Federigo ansante di pietà e di sollecitudine. “Beato voi! Questa è arra del perdono di Dio! far che possiate diventar stromento di salvezza a chi volevate esser di rovina. Dio vi benedica! Dio v’ha benedetto! Sapete d’onde sia questa nostra povera travagliata?”

Il signore nominò il paese di Lucia.

“Non è lontano di qui,” disse il cardinale: “lodato sia Dio; e probabilmente....” Così dicendo, corse ad un tavolino, e scosse