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il quale contava assai, venne ad offerirgli il suo voto e quelli della sua (pur troppo così dicevano) fazione, Federigo rifiutò una tal proposta in modo, che quegli depose il pensiero, e si rivolse altrove. Questa stessa modestia, questo alienamento dal predominare apparivano egualmente nelle occasioni più comuni della vita. Attento e infaticabile a disporre e a governare, dove riteneva che fosse suo debito il farlo, rifuggì mai sempre dall’impacciarsi nelle faccende altrui; anzi si scusava a tutto potere dall’ingerirvisi ricercato: discrezione e continenza non comune, come ognun sa, negli uomini zelatori del bene, quale era Federigo.
Se volessimo lasciarci andare a questa vaghezza di raccogliere i tratti notabili del suo carattere, ne risulterebbe certamente un complesso singolare di meriti in apparenza opposti, e certo difficili a trovarsi insieme. Però non ometteremo di notare un’altra singolarità di quella bella vita: che, piena com’ella fu di azione, di governo, di funzioni, d’insegnamento, di udienze, di visite diocesane, di viaggi, di contrasti, non solo lo studio vi ebbe luogo, ma ve n’ebbe tanto, che per un letterato di professione sarebbe bastato. E in fatti, con tanti altri e diversi titoli di lode, egli