Pagina:I promessi sposi (1825) II.djvu/241

238

trapassare per altre ore angosciose. Trasportiamoci al castello dove l’infelice era aspettata.

Era aspettata dall’innominato, con una sollecitudine, con una sospensione d’animo insolita. Cosa strana! egli che a cuore imperturbato aveva disposto di tante vite, che in tanti suoi fatti non aveva computate per nulla le ambasce da lui fatte patire, se non talvolta per assaporare in esse una selvaggia voluttà di vendetta, ora nell’arbitrio che esercitava sopra questa Lucia, una sconosciuta, una meschina forese, sentiva come un ribrezzo, un rincrescimento, direi quasi un terrore. Da un’alta finestra del suo castellaccio guatava egli da qualche tempo verso uno sbocco della valle; ed ecco la carrozza apparire, e venire innanzi lentamente: perchè quel primo correre a scappata aveva consumata la foga e domate le forze dei cavalli. E benchè, dal punto ov’egli stava a rimirare, il convoglio non paresse più che una di quelle carrozzette che i fanciulli strascinano per balocco, pure la riconobbe tosto; e sentì un nuovo e più forte battito al cuore.

— Vi sarà ella? — pensò tosto; e continuava a dire tra sè: — che noia mi dà costei! Liberiamcene. —