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provinciale, in arbitrio di cui era l’andare e lo stare di quello.

Ora, tra il padre provinciale e il conte zio passava un’antica conoscenza: s’erano veduti di rado, ma ogni volta con gran dimostrazioni d’amicizia, e con proferte sperticate di servigi. E alle volte è più facile aver buon mercato d’uno che sia sopra a molti individui, che non d’un solo di questi, il quale non vede che la sua causa, non sente che la sua passione, non cura che il suo punto; mentre l’altro scorge in un tratto cento relazioni, cento contingenze, cento interessi, cento cose da scansare, cento cose da salvare, e si può quindi pigliare da cento parti.

Tutto ben pensato, il conte zio invitò un dì a pranzo il padre provinciale, e gli fece trovare una corona di commensali assortiti con un intendimento sopraffino, qualche congiunto dei più titolati, di quelli il cui solo casato era un gran titolo, e che col solo contegno, con una certa sicurtà nativa, con una sprezzatura signorile, parlando di cose grandi con termini famigliari, riuscivano, anche senza farlo apposta, ad imprimere e rinfrescare ad ogni tratto l’idea della superiorità e della potenza; e alcuni clienti legati alla casa per una devozione ereditaria, e al personaggio per