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compassione per sè stesso. “Son io l’uomo da dar pareri al signor zio! Ma è la passione che ho della riputazione del casato che mi fa parlare. E ho anche paura di aver fatto un altro male,” soggiunse con un sembiante pensoso: “ho paura d’aver fatto torto a Rodrigo nel concetto del signor zio. Non mi darei pace se fossi cagione di farle pensare che Rodrigo non abbia tutta quella fede in lei, tutta quella sommissione, che debbe avere. Creda, signor zio, che in questo caso è proprio....”

“Via, via; che torto, che torto fra voi altri due? che sarete sempre amici, finchè l’uno non metta giudizio. Scapigliati, scapigliati, che sempre ne fate qualcheduna; e a me tocca di rattopparle: che...... mi fareste dire uno sproposito, mi date più da pensare voi due, che.....” e qui pensate che soffio mise, “tutti questi benedetti affari di stato.”

Attilio fece ancora qualche scusa, qualche promessa, qualche complimento; poi prese licenza e se ne andò, accompagnato da un “e abbiamo giudizio,” che era la formola di commiato del conte zio pe’ suoi nipoti.