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“Fra Cristoforo da *** ” disse Attilio; e il conte zio, tolta da un cassettino una vacchetta, soffiando, soffiando, vi scrisse quel povero nome. Intanto Attilio proseguiva: “è sempre stato di quell’umore costui: si sa la sua vita. Era un plebeo che, trovandosi aver quattro soldi, voleva competere coi cavalieri del suo paese; e per rabbia di non poterli fare star tutti, ne ammazzò uno; di che, per iscansar la forca, si fece frate.”
“Ma bravo! ma bene! La vedremo, la vedremo,” diceva il conte zio, soffiando tuttavia.
“Ora poi, continuava Attilio, “è più arrabbiato che mai, perchè gli è andato a monte un disegno che gli premeva assai assai: e da questo il signor zio capirà che uomo egli sia. Voleva costui maritare quella sua creatura: fosse per levarla dai pericoli del mondo, ella m’intende, o per che si fosse, voleva maritarla ad ogni modo; e aveva trovato il...... l’uomo: un’altra sua creatura, un soggetto, che, forse e senza forse, anche il signor zio lo conoscerà di nome; perchè tengo per sicuro che il consiglio-segreto avrà dovuto occuparsi di quel degno soggetto.”
“Chi è costui?”