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sa; può essere che lo piglino ancora, può essere che sia in salvo; ma se c’incappa, il vostro giovine quieto.....

Qui per buona sorte la fattora fu chiamata e partì; immaginatevi come rimanessero la madre e la figlia. Più d’un giorno dovettero la povera donna e la desolata fanciulla stare in una tale dubbiezza, a fantasticare le cagioni, i modi, le conseguenze di quel fatto doloroso, a commentare, ognuna nel suo sè, o sommessamente fra loro, quando potevano, quelle terribili parole.

Un giovedì finalmente, capitò al monastero un uomo a cercar di Agnese. Era un pescivendolo di Pescarenico, che andava a Milano, secondo l’ordinario, a spacciar la sua merce; e il buon frate Cristoforo l’aveva pregato che, passando per Monza, desse una volta fino al monastero, salutasse le donne in suo nome, raccontasse loro quel che si sapeva del tristo caso di Renzo, le confortasse ad aver pazienza e a confidare in Dio, e ch’egli povero frate non si dimenticherebbe certamente di loro, e starebbe vigilando le opportunità di aiutarle, e intanto non mancherebbe, ogni settimana, di far loro arrivare sue notizie, per quel mezzo, o per un simigliante. Intorno a Renzo, il messo non seppe dir altro di nuovo