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Questa relazione mise il diavolo addosso a don Rodrigo, o per dir meglio, rendè più cattivo quello che già vi stava di casa. Tante circostanze favorevoli al suo disegno infiammavano sempre più la sua passione, quel misto di puntiglio, di rabbia, e d’infame talento, di che la sua passione era composta. Renzo assente, sfrattato, bandito, sì che ogni cosa diventava lecita contro di lui, e anche la sua promessa sposa poteva essere considerata in certo modo come roba di rubello: il solo uomo al mondo che volesse e potesse pigliarla per lei, e fare un romore da essere inteso anche lontano e in alto, l’arrabbiato frate, fra poco sarebbe probabilmente anch’egli fuor del caso di nuocere. Ed ecco che un nuovo impedimento, non che contrappesare tutte quelle facilità, le rendeva, si può dire, inutili. Un monastero di Monza, quand’anche non vi fosse stata un principessa, era un osso troppo duro pei denti di un don Rodrigo; e per quanto egli girandolasse colla fantasia intorno a quel ricovero, non sapeva immaginar verso nè via d’espugnarlo, nè a forza, nè per insidie. Fu quasi quasi per torsi giù dell’impresa; fu per risolversi di andare a Milano, prendendo una giravolta onde non passar pure da Monza; e a Milano gittarsi in mezzo