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pezzo, si può dire, alla ventura, sentì la necessità di chieder lingua. Provava bene un certo rincrescimento a metter fuori quella parola Bergamo, come s’ella avesse un non so che di sospetto, di sfacciato; pure, di meno non si poteva fare. Deliberò, come aveva fatto in Milano, di chiedere indirizzo al primo viandante la cui faccia gli andasse a genio: e così fece.
“Siete fuori di strada,” gli rispose questi; e pensatovi un poco, parte in parole, parte con gesti, gl’indicò il cammino che doveva tenere, per rimettersi su la strada maestra. Renzo lo ringraziò dell’indirizzo, fe’ sembiante di seguirlo in tutto, andò in fatti da quella parte, coll’intenzione di avvicinarsi bensì a quella benedetta strada maestra, di non la perder di vista, di andare quanto fosse possibile correlativo ad essa; ma senza mettervi piede. Il disegno era più facile da concepirsi che da praticarsi. Il costrutto fu che, andando così da dritta a sinistra, a spinapesce, un po’ seguendo le indicazioni che otteneva per via, un po’ correggendole secondo i suoi lumi e adattandole al suo intento, un po’ lasciandosi guidare dalle strade in cui si trovava avviato, il nostro fuggiasco aveva fatte forse dodici miglia, che non era discosto da Milano più di sei;