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di raccapezzare le cose dette e fatte la sera antecedente, di scoprirla parte segreta della sua dolorosa storia, e sopra tutto come avevan potuto risapere il suo nome. I suoi sospetti cadevano naturalmente su lo spadaio, al quale si ricordava bene di averlo spiattellato. E riandando il modo con cui glielo aveva cavato di bocca, e tutto il contegno di colui, e tutte quelle esibizioni, che terminavano sempre a voler saper qualche cosa, il sospetto diveniva quasi certezza. Se non che si ricordava poi anche in barlume di avere, dopo la partenza dello spadaio, continuato a cicalare; con chi, indovinala grillo; di che; la memoria, per quanto venisse esaminata, non lo sapeva dire: non sapeva dir altro che d’essersi in quel tempo trovata fuori di casa. Il poveretto si smarriva in queste speculazioni: era come un uomo che ha soscritti molti fogli bianchi, e gli ha fidati ad uno ch’egli teneva per buono e per bello; e scoprendolo poi un imbroglione, vorrebbe conoscere lo stato de’ suoi negozii: che conoscere? è un caos. Un altro studio penoso era quello di far sull’avvenire qualche disegno che non fosse aereo, o ben tristo.

Ma ben tosto il più penoso di tutti fu quello di trovar la strada. Dopo essere andato un