paese nel territorio di Bergamo, dove era accasato quel suo cugino Bortolo, se vi ricorda, che più volte lo aveva fatto sollecitare di portarsi colà. Ma il punto era di trovar la strada. Lasciato in una parte sconosciuta di una città si può dire sconosciuta, Renzo non sapeva pure di che porta s’uscisse per andare a Bergamo; e quando lo avesse saputo, non sapeva poi andare alla porta. Stette un momento in forse di chiedere indirizzo ai suoi liberatori; ma siccome nel poco tempo che aveva avuto da meditare sui casi suoi, gli si erano girati per la mente di strani pensieri su quello spadaio così obbligante, padre di quattro figliuoli, così a buon conto non volle manifestare i suoi disegni ad una gran brigata, dove ne poteva essere un altro di quel conio; e deliberò tosto di allontanarsi in fretta di quivi: che la via la domanderebbe poi in luogo dove nessuno sapesse chi egli era, nè il perchè la domandava. Disse ai suoi liberatori: “grazie, grazie, figliuoli: siate benedetti,” e uscendo pel largo che gli fu fatto immediatamente, alzò le calcagna, e via; dentro per un vicolo, giù per una stradetta, galoppò un pezzo senza saper dove. Quando gli parve d’essersi abbastanza discostato, allentò il passo, per non dar sospetto; e cominciò