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e smarrito in cuore, cercava di farsi picciolo, si andava storcendo, per isdrucciolare fuor della folla; ma non poteva levar gli occhi, che non ne vedesse venti addosso a sè. Studiava ogni modo di comparire un estraneo che, passando di là a caso, si fosse trovato stretto nella calca, come una pagliuca nel ghiaccio; e riscontrandosi muso a muso con uno che lo guardava fisamente con un piglio peggio degli altri, egli, composta la bocca al sorriso, con una sua cera sciocca, gli domandò: “che cosa è questo garbuglio?”
“Uh corbaccio!” rispose colui. “Corbaccio! corbaccio!” risonò all’intorno. Alle grida si aggiunsero gli urtoni; tanto che in breve, parte colle gambe proprie, parte colle gomita altrui, egli ottenne quel che più gli stava a cuore in quel momento, d’esser fuori di quella serra.