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che è meglio, di non trovarsi mai in circostanze angustiose.

Renzo adunque, appena furono per via, cominciò a gittar gli occhi qua e là, a spandersi colla persona, a metter la testa innanzi, a tender gli orecchi. Non v’era però concorso straordinario, e benchè sul viso di più d’un passeggiero si potesse legger facilmente un certo che di sedizioso, pure ognuno andava dritto per la sua strada, e sedizione propriamente detta, non ve n’era.

“Giudizio, giudizio!” gli mormorava il notaio dietro le spalle “il vostro onore, l’onore, figliuolo”. Ma quando Renzo, origliando verso tre che venivano con facce infocate, sentì parlare d’un forno, di farina nascosta, di giustizia, cominciò anche a far cenni col volto verso coloro, e a tossire in quel modo che indica tutt’altro che una infreddatura. Quelli guardarono più attentamente al convoglio, e si fermarono, con loro si fermarono altri che sopraggiungevano, altri che gli erano passati dinanzi, volti al bisbiglio, tornavano indietro, e facevano coda.

“Badate a voi, giudizio, figliuolo, peggio per voi vedete, non guastate i fatti vostri, l’onore, la riputazione,” susurrava il notaio Renzo faceva peggio. I birri, dopo essersi