da amico. Ma è una tendenza generale degli uomini, quando sono agitati e angustiati, e scorgono ciò che altri potrebbe fare per cavarli d’angustie, di domandarglielo con istanza e ripetutamente e con ogni sorta di pretesti; e i furbi, quando sono angustiati e agitati, cadono anch’essi sotto questa legge comune. Quindi è che in simili circostanze fanno essi per lo più una così povera figura. Quei trovati maestrevoli, quelle belle malizie, colle quali sono usi a vincere, che sono diventate per loro quasi una seconda natura, e che messe in opera a tempo e condotte colla pacatezza d’animo, colla serenità di mente necessarie, fanno il colpo sì bene e così nascostamente, e conosciute anche, dopo la riuscita, riscuotono l’applauso universale; i poveretti, quando sono in angustie, le adoperano in fretta, tumultuariamente, senza garbo nè grazia. Tal chè ad un terzo che gli osservi ingegnarsi e arrabattarsi a quel modo, fanno compassione e muovono il riso; e quegli che eglino pretendono allora d’aggirare, quantunque meno accorto di loro, scopre benissimo tutto il loro gioco, e da quei loro artifizii ricava lume per sè, contro di loro. Perciò non si può mai abbastanza inculcare ai furbi di professione di conservar sempre il loro sangue freddo, o ciò