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gelso, le portava a cadere a qualche passo dall’albero. A dritta e a sinistra, nei vigneti, sui tralci ancor tesi brillavano le foglie rosseggianti a varie tinte; e le aiuole lavorate di fresco spiccavano brune e distinte fra i campi di stoppie biancastre e luccicanti per la guazza. La scena era lieta; ma ogni figura d’uomo che vi si movesse, contristava lo sguardo ed il pensiero. Ad ogni tratto s’incontravano mendichi laceri e macilenti, o invecchiati nel mestiere, o indotti allora dalla necessità a tender la mano. Passavano cheti a canto al padre Cristoforo, lo guardavano pietosamente, e benchè non avessero nulla a sperare da lui, giacchè un capuccino non toccava mai moneta, gli facevano un inchino di ringraziamento per la elemosina che avevano ricevuta, o che andavano a cercare al convento. Lo spettacolo dei lavoratori sparsi nei campi aveva non so che di ancor più doloroso. Alcuni andavano gettando le loro sementi, rade, con risparmio e a malincuore, quale chi arrischia cosa che troppo gli preme; altri spingevano la vanga come a stento, e rovesciavano svogliatamente la zolla. La fanciulla scarna, tenendo per la corda al pascolo la vaccherella smunta e stecchita, guardava attentamente, e si chinava in fretta, a rubarle per cibo della