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ad Agnese. “Mi avete mandato da un buon galantuomo, da uno che aiuta veramente i poverelli!” E tosto raccontò il suo abboccamento col dottore. La donna stupefatta di così trista riuscita, voleva mettersi a dimostrare che il parere però era buono, e che Renzo doveva non aver saputo far le cose a dovere; ma Lucia interruppe quella quistione, annunziando ch’ella sperava di avere trovato un migliore aiuto. Renzo accolse anche questa speranza, come accade a quelli che sono nella sventura e nell’impaccio. “Ma se il padre,” diss’egli, “non ci trova un ripiego, lo troverò io in un modo o nell’altro.” Le donne consigliarono la pace e la pazienza e la prudenza. “Domani,” disse Lucia, “il padre Cristoforo verrà sicuramente, e vedrete che troverà qualche rimedio di quelli che noi poveretti non sappiamo nemmeno immaginare.”

“Lo spero;” disse Renzo, “ma in ogni caso saprò farmi ragione, o farmela fare. A questo mondo c’è giustizia finalmente.”

Coi dolorosi colloquii, e colle andate e venute che si sono raccontate, quel giorno era trascorso, e cominciava ad imbrunire.

“Buona sera,” disse tristamente Lucia a Renzo che non sapeva risolversi d’andarsene.