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dopo averle fatto più d’una volta giurare che non fiaterebbe, finalmente, con molte sospensioni, con molti ohimè!, le narrò il miserabile caso. Quando si venne al nome terribile del mandante, fu d’uopo che Perpetua proferisse un nuovo e più solenne giuramento; e don Abbondio, pronunziato quel nome, si rovesciò sulla spalliera della seggiola, con un gran sospiro, levando le mani in atto insieme di comando e di supplica, e dicendo: “per amor del cielo!”
“Misericordia!” sclamò Perpetua. “Oh che birbone! oh che soperchiante! oh che uomo senza il timor di Dio!”
“Volete tacere? o volete rovinarmi del tutto?”
“Oh! siamo qui soli che nessuno ci sente. Ma come farà ella povero signor padrone?”
“Oh vedete,” disse don Abbondio con voce stizzosa: “vedete che bei pareri mi sa dar costei! Viene a domandarmi come farò, come farò; quasi fosse ella nell’impaccio, e toccasse a me di cavarnela.”
“Ma! io l’avrei ben io il mio povero parere da darle; ma poi ....”
“Ma poi, sentiamo.”
“Il mio parere sarebbe che, siccome tutti dicono che il nostro arcivescovo è un santo,