qualche volta il mal umore lungamente concetto, e cavarsi anch’egli la voglia d’essere un po’ fantastico, e di gridare a torto. Era poi un rigido censore degli uomini che non si regolavano come lui, quando però la censura potesse esercitarsi senza alcuno anche lontano pericolo. Il battuto era almeno un imprudente, l’ammazzato era sempre stato un uomo torbido. A chi, messosi a sostenere le sue ragioni contra un potente, rimaneva col capo rotto, don Abbondio sapeva trovar sempre qualche torto; cosa non difficile, perchè la ragione e il torto non si dividono mai con un taglio così netto che ogni parte abbia soltanto dell’uno. Sopra tutto poi egli declamava contra quei suoi confratelli che, a loro rischio, pigliavano le parti d’un debole oppresso contra un soverchiatore potente. Questo chiamava egli un comprarsi le brighe a contanti, un volere dirizzar le gambe ai cani; diceva anche severamente ch’egli era un mischiarsi nelle cose profane, a danno della dignità del sacro ministero. E contra questi sermonava, sempre a quattro occhi però, o in un picciolissimo crocchio, con tanto più di veemenza, quanto più essi erano conosciuti per alieni dal risentirsi in cosa che li toccasse personalmente. Aveva poi una sua sentenza prediletta, con la