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essere avviato ad un cappuccino, che gli darebbe ricovero e buon indirizzo. Così pensando, e guardando intanto ai nuovi conquistatori che apparivano carichi di spoglie, fece la breve strada che gli rimaneva per giungere al convento.
Dove ora sorge quel bel palazzo con quell’alta loggia, v’era allora, e v’era ancora non sono molti anni, una piazzetta; e in fondo a quella la chiesa e il convento dei cappuccini con quattro grandi olmi dinanzi. Noi ci rallegriamo, non senza invidia, con quei nostri lettori che non hanno veduto le cose in quello stato: ciò vuol dire che sono molto giovani, e non hanno avuto tempo di far molte minchionerie. Renzo andò dritto alla porta, ripose in seno il mezzo pane che gli rimaneva, cavò fuori e tenne preparata in mano la lettera, e tirò il campanello. S’aperse uno sportellino che aveva una grata, e vi comparve la faccia del frate portinaio a domandare chi era.
“Uno di fuori, che porta al padre Bonaventura una lettera pressante del padre Cristoforo.”
“Date qui,” disse il portinaio, mettendo la mano alla grata.
“No, no,” disse Renzo “gliel ho da consegnare in proprie mani.”