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quanta ve ne poteva capire, e un po’ davvantaggio; tanto che tratto tratto ne svolava pur via un qualche spolvero. Il ragazzotto teneva con ambe le mani sul capo una corba colma di pani; ma, per aver le gambe più corte dei suoi parenti, rimaneva a poco a poco indietro, e uscendo poi di passo a ogni tanto per raggiungerli, la corba andava fuor di sesto, e qualche pane cadeva.

“Se ne getti ancor uno, brutto dappoco....” disse la madre, digrignando i denti verso il ragazzo.

“Io non li getto io; cadono essi. Come ho da fare?” rispose quegli.

“Ih! buon per te, che ho le mani impedite,” ripigliò la donna, dimenando i pugni, come se desse una spellicciatura al poveretto; e con quel movimento mandò via una nuvola di farina, da farne più che i due pani lasciati cadere allora dal ragazzo. “Via, via,” disse l’uomo: “torneremo addietro a ricorli, o qualcheduno li ricorrà. Da tanto tempo stentiamo: ora che viene un po’ d’abbondanza, godiamola in santa pace”.

In tanto sopraggiungeva gente da fuori; e uno di questi accostatosi alla donna, “dove si va a pigliare il pane?” le domandò. “Innanzi, innanzi,” rispose ella; e quando