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maggior potenza di quella a cui apparteneva. Il clero vegliava a difendere e ad estendere le sue immunità, la nobiltà i suoi privilegi, il militare le sue esenzioni. I mercanti, gli artigiani erano arrolati in maestranze e in confraternite, i giurisperiti formavano una lega, i medici stessi una corporazione. Ognuna di queste piccole oligarchie aveva una sua forza speciale e propria; in ognuna l’individuo trovava il vantaggio d’impiegare per sè, a proporzione della sua autorità e della sua destrezza, le forze riunite di molti. I più onesti si valevano di questo vantaggio alla difesa loro; gli astuti e i facinorosi ne approfittavano per condurre a termine ribalderie, alle quali i loro mezzi personali non sarebbero bastati, e per assicurarsene l’impunità. Le forze però di queste varie leghe erano molto impari; e nelle campagne principalmente, il nobile dovizioso e violento, con un drappello di bravi, e circondato da contadini avvezzi per tradizione famigliare, ed interessati o forzati a riguardarsi quasi come sudditi e soldati del padrone, esercitava un potere al quale difficilmente nessun’altra frazione di lega avrebbe ivi potuto resistere.

Il nostro Abbondio, non nobile, non ricco, non animoso, s’era dunque, quasi all’uscire