tento non ischietto al certo, ma vivo. Nel vôto accidioso dell’animo suo s’era venuta ad infondere una occupazione forte, continua, come una vita potente; ma quel contento era simile alla bevanda ristorante che la crudeltà ingegnosa degli antichi mesceva al condannato per invigorirlo a sostenere il martorio. Comparve allo stesso tempo una gran novità in tutti i suoi portamenti: divenne ella ad un tratto più regolare, più tranquilla, cessò dagli scherni, e dal rammarichìo, si mostrò anzi carezzevole e manierosa, di modo che le suore si rallegravano a vicenda del cambiamento felice; lontane com’erano dall’immaginarne il vero motivo, e dal comprendere che quella nuova virtù altro non era che ipocrisia aggiunta alle antiche magagne. Quella mostra però, quella, per dir così, imbiancatura esteriore, non durò gran tempo, almeno con quella continuità ed eguaglianza: ben tosto tornarono a dare in fuori i soliti dispetti e le solite fantasticaggini; tornarono a farsi intendere le imprecazioni e i dileggiamenti contra la prigione claustrale, e talvolta espressi in un linguaggio insolito in quel luogo e in quella bocca. Però ad ogni scappuccio teneva dietro un pentimento, una gran cura di farlo dimenticare a forza di piacevolezze. Le suore