Pagina:I promessi sposi (1825) I.djvu/314


307


fluttuazioni troppo monotona e troppo simile alle cose già dette. L’amenità dei siti, il mutare degli oggetti, quel rallegramento dello scarrozzare all’aria aperta, le rendevano più odiosa l’idea del luogo dove al fine si smonterebbe per l’ultima volta, per sempre. Più pungenti ancora erano le impressioni ch’ella riceveva nelle adunanze e nelle feste cittadine. La visita delle spose alle quali si dava questo titolo nel senso più ovvio e più usitato, le cagionava un’invidia, un rodimento intollerabile; e talvolta l’aspetto di qualche altro personaggio le faceva parere che nel sentirsi dare quel titolo dovesse trovarsi il colmo d’ogni felicità. Talvolta la pompa dei palagi, lo splendore degli addobbi, il brulichìo e il clamore festevole delle conversazioni, le comunicavano una ebbrezza, un ardor tale di viver lieto, che ella prometteva a sè stessa di ridirsi, di tutto soffrire più tosto che tornare all’ombra fredda e morta del chiostro. Ma tutte quelle risoluzioni sfumavano alla considerazione più riposata delle difficoltà, al solo fissar gli occhi sul volto del principe. Talvolta anche il pensiero ch’ella doveva abbandonar per sempre quei godimenti, le ne rendeva amaro e penoso quel picciol saggio; come l’infermo assetato guarda con rancore, e quasi rispinge con