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di Gertrude. Nessuno le rivolgeva il discorso; le parole che ella metteva timidamente innanzi, quando non avessero un oggetto di evidente necessità, o cadevano inavvertite, o venivano corrisposte con uno sguardo, distratto, o con uno sprezzante, o con un severo. Che se ella, non potendo più soffrire una così amara ed umiliante distinzione, insisteva, e tentava di addomesticarsi, se implorava un po’ di amore, si udiva tosto gittar qualche motto indiretto ma chiaro sulla elezione dello stato; le si faceva copertamente intendere che v’era un mezzo di riconquistare l’affetto della famiglia. Allora, ella che non lo avrebbe voluto a quella condizione, era costretta di tirarsi indietro, di rifiutar quasi i primi segni di benevolenza che aveva tanto desiderati, di rimettersi da per sè al suo posto di scomunicata; e vi rimaneva per soprappiù con una certa apparenza del torto.

Tali sensazioni di oggetti presenti urtavano dolorosamente con quelle ridenti visioni delle quali Gertrude s’era già tanto occupata e s’occupava tuttavia nel segreto della sua mente. Aveva ella sperato che nella splendida e frequentata casa paterna avrebbe potuto godere almeno qualche saggio reale delle cose immaginate; ma si trovò al tutto ingannata.

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