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occupare la stanza lasciata libera da quella, e supplirla nei pochi servigi ch’ella faceva pel monastero. Veramente....” e qui accennò al guardiano che si avvicinasse alla grata, e continuò sotto voce: “veramente, attesa la scarsezza dei tempi, non si pensava di sostituire nessuno a quella giovane; ma parlerò io alla madre badessa, e ad una mia parola...... per una premura del padre guardiano..... In somma dò la cosa per fatta.”

Il guardiano cominciava a render grazie, ma la signora l’interruppe: “non occorrono cerimonie: anch’io, in un caso, in un bisogno, saprei far capitale dell’assistenza dei padri cappuccini. Alla fine,” continuò ella con un sorriso, nel quale traspariva un non so che di beffardo e d’amaro, “alla fine, noi siam noi fratelli e sorelle?”

Così detto, chiamò una suora conversa, (due di queste erano per una distinzione singolare assegnate al suo servigio privato) e le impose che avvertisse di ciò la badessa, e fatta poi venir la fattora alla porta del chiostro, prendesse con lei e con Agnese i concerti opportuni. Congedò questa, accomiatò il guardiano e ritenne Lucia. Il guardiano accompagnò Agnese alla porta, dandole nuove