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“Deve sapere, reverenda madre......” incominciava Agnese; ma il guardiano le ruppe con una occhiata la parola in bocca, e rispose: “questa giovane, signora illustrissima, mi vien raccomandata, come le ho detto, da un mio confratello. Essa ha dovuto partirsi nascostamente dal suo paese, per sottrarsi a gravi pericoli; e ha bisogno per qualche tempo d’un asilo nel quale possa vivere sconosciuta, e dove nessuno ardisca venire a disturbarla, quand’anche.…”

“Quali pericoli?” interruppe la signora. “Di grazia, padre guardiano, non mi dica la cosa così in enigma. Ella sa che noi altre monache siamo vaghe d’intendere le storie per minuto.”

“Sono pericoli,” rispose il guardiano, “che alle orecchie purissime della reverenda madre vogliono essere appena leggermente accennati.…”

“Oh certamente,” disse in fretta la signora, arrossando alquanto. Era verecondia? Chi avesse osservata una rapida espressione di dispetto che accompagnava quel rossore avrebbe potuto dubitarne; e tanto più se lo avesse paragonato con quello che tratto tratto si diffondeva sulle guance di Lucia.