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dei due galantuomini, disse mentalmente: ci siamo; e si fermò sui due piedi. “Signor curato!” disse uno di quei due, piantandogli gli occhi in faccia.

“Chi mi comanda?” rispose subito don Abbondio, alzando gli occhi d’in sul libro, e tenendolo spalancato e sospeso con ambe le mani.

“Ella ha intenzione” proseguì l’altro col piglio minaccioso ed iracondo di chi coglie un suo inferiore su l’intraprendere una ribalderia “ella ha intenzione di sposare domani Renzo Tramaglino e Lucia Mondella!”

“Cioè....” rispose con voce tremola don Abbondio: “cioè. Loro signori son uomini di mondo, e sanno benissimo come vadano queste faccende. Il povero curato non c’entra: fanno i loro piastricci fra loro, e poi.... poi, vengono da noi come s’andrebbe ad un banco a riscuotere; e noi.... noi siamo i servitori del comune.”

“Or bene” disse il bravo con voce sommessa, ma in tuono solenne di comando “questo matrimonio non s’ha da fare, nè domani, nè mai.”

“Ma, signori miei” replicò don Abbondio, colla voce mansueta e gentile d’un uomo che vuol persuadere un impaziente “ma, signori