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di quel tal canto: e Perpetua, trovandosi ad un punto importante della narrazione, s’era lasciata fermare senza far resistenza, anzi senza avvedersene, quando repente s’udì venir rimbombando dall’alto nel vano immoto dell’aria, per l’ampio silenzio della notte, quel primo sgangherato grido di don Abbondio: “aiuto! aiuto!”

“Misericordia! che cosa è stato?” gridò Perpetua, e volle correre.

“Che è? che è?” disse Agnese, ritenendola per la gonna.

“Misericordia! non avete inteso?” replicò quella svincolandosi.

“Che è? che è?” ripetè Agnese, afferrandola per un braccio.

“Diavolo d’una donna!” sclamò Perpetua, ributtandola per mettersi in libertà; e a correre. In quella, più lontano, più sottile, più istantaneo, s’ode lo strillo di Menico.

“Misericordia!” grida anche Agnese; e a galoppo dietro l’altra. Avevan quasi appena levate le calcagna, quando la squilla intonò: un tocco, e due, e tre, e una seguenza: sarebbero stati sproni se quelle ne avessero avuto bisogno. Perpetua giunge di due passi la prima; mentre vuol lanciare la mano alle imposte e spalancarle, ecco le si spalancano per