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ravvolgerle quel drappo intorno alla faccia, che quasi l’affogava; e intanto gridava a testa, come un toro ferito: “Perpetua, Perpetua, tradimento, aiuto!” Il lucignolo morente sul pavimento mandava una luce languida e saltellante sopra Lucia, la quale affatto smarrita, non tentava pure di svilupparsi, e poteva parere una statua sbozzata in creta, sulla quale l’artefice ha gittato un umido panno. Cessata ogni luce, don Abbondio lasciò la poveretta, e andò cercando a tentone la porta che metteva ad una stanza più interna; la trovò, vi entrò, si chiuse dentro, gridando tuttavia: “Perpetua, tradimento, aiuto, fuori di questa casa, fuori di questa casa.” Nell’altra stanza tutto era confusione: Renzo, cercando di cogliere il curato e remigando colle mani, come se facesse a gatta cieca, era giunto alla porta, e bussava, gridando: “apra, apra, non faccia schiamazzo.” Lucia chiamava Renzo con voce fioca, e diceva supplicando: “andiamo, andiamo, per amor di Dio.” Tonio, carpone andava scopando colle mani il pavimento, per adunghiare la sua quitanza. Gervaso spiritato, gridava e trasaltava, cercando la porta della scala per uscire a salvamento.

In mezzo a questo serra serra, non possiamo