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casa, e quivi si divisero. I due promessi rimasero nascosti dietro l’angolo di essa; Agnese con loro, ma un po’ più innanzi, per accorrere in tempo ad incontrare Perpetua e ad impadronirsene; Tonio col disutilaccio di Gervaso che non sapeva far nulla da sè, e senza il quale non si poteva far nulla, si affacciarono bravamente alla porta, e toccarono il martello.

“Chi è, a quest’ora?” gridò una voce alla finestra che si aperse in quel momento: era la voce di Perpetua. “Malati non ce n’è, ch’io sappia. È forse accaduta qualche disgrazia?”

“Son’io,” rispose Tonio, “con mio fratello, che abbiamo bisogno di parlare al signor curato.”

“È ora da cristiani questa?” rispose bruscamente Perpetua. “Che discrezione? Tornate domani.”

“Sentite: tornerò o non tornerò: ho riscossi non so che danari, e veniva a saldare quel debituccio che sapete: aveva qui venticinque belle berlinghe nuove; ma se non si può, pazienza: questi so come spenderli, e tornerò quando ne abbia messi insieme degli altri.”

“Aspettate, aspettate: vado e torno. Ma perchè venire a quest’ora?”