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la cosa era come fra due potentati, i quali non abbiano nulla da partire tra loro; ma per convenienza fanno onore al grado l’uno dell’altro. Per passare un po’ la mattana, e per contrapporre all’immagine del frate che gli assediava la fantasia, volti ed atti in tutto diversi, don Rodrigo entrò quel giorno in una casa dov’era raccolta una brigata, e dove fu ricevuto con quella cordialità affaccendata e riverente che è riserbata agli uomini che si fanno molto amare o molto temere; e finalmente, a notte fatta, tornò al suo palazzotto. Il conte Attilio era rientrato in quel punto; e fu servita la cena, alla quale don Rodrigo sedette sopra pensiero, e parlò poco.

“Cugino, quando pagate questa scommessa?” disse con una cera maliziosa e beffarda il conte Attilio, levate appena le tavole, e partiti i servi.

“San Martino non è ancor passato.”

“Tanto fa che la paghiate tosto; perchè passeranno tutti i santi del taccuino, prima che...

“Questo è quello che si ha da vedere.”

“Cugino, voi volete fare il politico; ma io ho capito tutto, e tanto son certo di aver vinta la scommessa, che son pronto a farne un’altra.”