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portavano che il verno; ragione per cui non si troverà mai un ritratto di senatore vestito d’estate); squallido, colle ciglia aggrottate; teneva in mano una supplica e pareva dicesse: vedremo. Di qua una matrona terrore delle sue damigelle, di là un abate terrore dei monaci; tutta gente in somma che aveva fatto terrore, e lo spirava ancora dalle immagini. Alla presenza di tali memorie, don Rodrigo tanto più si arrovellava, si vergognava, non poteva darsi pace che un frate avesse osato venirgli addosso colla prosopopea di Nathan. Formava un disegno di vendetta, lo abbandonava, pensava come soddisfare ad un tempo alla passione, e a ciò ch’egli chiamava onore; e talvolta (vedete un po’!) sentendosi rifischiare agli orecchi quel cominciamento di profezia, rabbrividiva istantaneamente, e stava quasi per deporre il pensiero delle due soddisfazioni. Finalmente, per far qualche cosa, chiamò un servo, e gli ordinò che lo scusasse alla brigata, dicendo ch’egli era trattenuto da un affare urgente. Quando il servo tornò a riferire che que’ signori erano partiti lasciando i loro ossequi: “e il conte Attilio?” domandò sempre passeggiando don Rodrigo.

“È uscito con quei signori, illustrissimo signore.”