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“Ma, ma, se tu mi vuoi fare un servigetto, le venticinque lire sono apparecchiate.”
“Dì su.”
“Ma.....!” disse Renzo, ponendosi l’indice a croce su le labbra.
“Fa egli bisogno di queste cose? tu mi conosci.”
“Il signor curato va cavando fuori certe ragioni senza sugo, per tirare in lungo il mio matrimonio; ed io vorrei spicciarmi. Mi dicono mo di sicuro che, andandogli dinanzi i due sposi con due testimonii, e dicendo io: questa è mia moglie, e Lucia: questo è mio marito, il matrimonio è bell’e fatto. M’hai tu inteso?”
“Tu vuoi ch’io venga per testimonio?”
“Sì bene.”
“E pagherai per me le venticinque lire?”
“Così la intendo.”
“Birba chi manca.”
“Ma bisogna trovare un altro testimonio.”
“L’ho trovato. Quel martorello di mio fratel Gervaso farà quello che gli dirò io. Tu gli pagherai da bere?”
“E da mangiare,” rispose Renzo. “Lo condurremo qui a stare allegro con noi. Ma saprà egli fare?”
“Gl’insegnerò io: tu sai bene che io ho avuta anche la sua parte di cervello.”