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mente, e disse con guardinga umiltà: “vengo a proporle un atto di giustizia, a supplicarla d’una carità. Certi uomini di mal affare hanno messo innanzi il nome di vossignoria illustrissima, per far paura ad un povero curato e stornarlo dal compire il suo dovere; e per sopraffare due innocenti. Ella può con una parola confondere coloro, rimetter tutto nell’ordine, e sollevare quelli a cui è fatto così gran torto. Lo può; e potendolo..... la coscienza, l’onore.....”

“Ella mi parlerà della mia coscienza, quand’io crederò di chiederlene consiglio. Quanto al mio onore ella ha da sapere che il custode ne sono io, ed io solo; e che chiunque ardisce ingerirsi a divider con me questa cura, io lo riguardo come il temerario che l’offende.”

Fra Cristoforo avvertito da queste parole che quel signore cercava di tirare al peggio le sue, per volgere il discorso in contesa, e non gli dar luogo di venire alle strette, s’impegnò tanto più alla sofferenza, risolvette di mandar giù qualunque cosa piacesse all’altro di dire, e rispose tosto con un tuono sommesso: “se ho detto cosa che le dispiaccia, certo, ciò è accaduto contra ogni mia intenzione. Mi corregga pure, mi riprenda se