della state, non mancavano mai di spandersi nelle vigne, per diradare le uve, e alleggerire ai contadini le fatiche della vendemmia. Dall’una all’altra di quelle terre, dalle alture alla riva, da un poggio all’altro, correvano e corrono tuttavia strade e stradette, ripide, acclivi, piane, tratto tratto affondate, sepolte fra due muri, donde, levando il guardo, non iscoprite che un pezzo di cielo e qualche vetta di monte; tratto tratto elevate su aperti terrapieni; e da quivi la vista spazia per prospetti più o meno estesi, ma ricchi sempre e sempre qualcosa nuovi, secondo che i diversi punti piglian più o meno della vasta scena circostante, e secondo che questa o quella parte campeggia o si scorcia, spunta o sparisce a vicenda. Dove un tratto, dove un altro, dove una lunga distesa di quel vasto e svariato specchio dell’acqua; di qua lago, chiuso all’estremità o piuttosto smarrito entro un gruppo, un andirivieni di montagne, e di mano in mano più espanso tra altri monti che si spiegano ad uno ad uno allo sguardo, e che l’acqua riflette capovolti, coi paesetti posti in sulle rive; di là braccio di fiume, poi lago, poi fiume ancora, che va a perdersi in lucido serpeggiamento pur fra i monti, che l’accompagnano, digradando via via, e perdendosi quasi anch’essi nell’orizzonte. Il luogo