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cartello ad un fratello del cavaliere; il qual fratello legge la sfida, e in risposta dà alcune bastonate al portatore. Si tratta....

“Ben date, bene applicate,” gridò il conte Attilio. “Fu una vera inspirazione.”

“Del demonio,” soggiunse il podestà. “Battere un ambasciatore! persona sacra! Anch’ella, padre, mi dirà se questa è azione da cavaliere.”

“Signor sì, da cavaliere,” gridò il conte: “e lo lasci dire a me che debbo intendermi di ciò che compete a un cavaliere. Oh, se fossero stati pugni, sarebbe un’altra faccenda: ma il bastone non isporca le mani a nessuno. Quello che non posso capire è il perchè le premano tanto le spalle d’un mascalzone.”

“Chi le ha mai parlato delle spalle, signor conte mio? Ella mi fa dire spropositi che non mi sono mai passati per la mente. Ho parlato del carattere, e non di spalle, io. Parlo sopra tutto delle leggi della cavalleria. Mi dica un po’ in grazia, se i feciali che gli antichi romani mandavano ad intimar le sfide agli altri popoli, domandavano licenza di esporre l’ambasciata: e mi trovi un po’ uno scrittore che faccia menzione che un feciale sia mai stato bastonato.”