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e un lungo bicchiero a foggia di calice, lo presentò al padre, il quale, non volendo resistere ad un invito tanto pressante dell’uomo che egli aveva tanto bisogno di farsi propizio, non esitò a mescere, e si pose a sorbire lentamente il vino.

“L’autorità del Tasso non serve al suo assunto, signor podestà riverito; anzi sta contro di lei;” riprese ad urlare il conte Attilio: “perchè quell’uomo erudito, quell’uomo grande, che sapeva a menadito tutte le regole della cavalleria, ha fatto che il messo di Argante prima di esporre la sfida ai cavalieri cristiani, domandi licenza al pio Buglione....

“Ma questo” replicava non meno urlando il podestà, “questo è un sopra più, un mero sopra più, un ornamento poetico, giacchè il messaggiero è di sua natura inviolabile, per diritto delle genti, jure gentium: e senza andar tanto a cercare, lo dice anche il proverbio: ambasciator non porta pena. E i proverbii, signor conte, sono la sapienza del genere umano. E non avendo il messaggiero detto nulla in suo proprio nome, ma solamente presentata la sfida in iscritto....”

“Ma quando vorrà ella capire che quel messaggiero era un asino temerario, che non conosceva le prime....?