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autorità, si atteggiò di una compunzione solenne, gli occhi si abbassarono, la voce divenne lenta e come sotterranea: “quando pure il faccia, egli è un terribile pro! Renzo! vuoi tu confidare in me?.... che dico in me, uomiciattolo, fraticello? Vuoi tu confidare in Dio?”

“Oh sì!” rispose Renzo. “Quegli è il Signore da vero.”

“E bene; prometti che non affronterai, che non provocherai nessuno, che ti lascierai guidare da me.”

“Lo prometto.”

Lucia mise un gran respiro, come se un peso le venisse tolto da dosso: e Agnese disse: “bravo figliuolo.”

“Sentite, figliuoli,” ripigliò fra Cristoforo: “io andrò oggi a parlare a quell’uomo. Se Dio gli tocca il cuore, e dà forza alle mie parole, bene: quando che no, Egli ci farà trovare qualche altro rimedio. Voi intanto, statevi quieti, ritirati, scansate le ciarle, non vi mostrate. Questa sera, o domattina al più tardi, mi rivedrete.” Detto questo, troncò tutti i ringraziamenti e le benedizioni, e partì. S’avviò al convento, giunse a tempo d’andare in coro a salmeggiare, pranzò, e si mise tosto in cammino verso il covile della fiera che aveva tolto ad ammansare.