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Il padre Cristoforo camminava con una consolazione quale non aveva provata mai dopo quel giorno terribile, ad espiare il quale tutta la sua vita doveva essere consacrata. Ai novizii era imposto silenzio; ed egli serbava senza stento questa legge, tutto assorto nel pensiero delle fatiche, delle privazioni, e delle umiliazioni che avrebbe durate per iscontare il suo fallo. Fermandosi, all'ora della refezione presso un benefattore, egli mangiò con una specie di voluttà del pane del perdono: ma ne risparmiò un tozzo, e lo ripose nella sporta onde serbarlo come un ricordo perpetuo.

Non è nostro disegno di far la storia della sua vita claustrale: diremo soltanto che, adempiendo sempre di gran voglia e con gran cura gli ufici che gli venivano ordinariamente assegnati, di predicare e di assistere ai moribondi, non lasciava mai sfuggire una occasione di esercitare due altri ufici ch'egli si era imposti da sè: comporre dissidii e proteggere oppressi. In questo genio entrava, senza che egli se ne avvedesse, per qualche parte quella sua vecchia abitudine, e un resticciuolo di spiriti guerreschi, che le umiliazioni e le macerazioni non avevano potuto spegnere del tutto. Il suo linguaggio era abitualmente piano