la trista gioia dell’orgoglio, si trovarono invece ripieni della gioia serena del perdono e della benevolenza. La brigata si trattenne ancora qualche tempo, con una bonarietà e con una cordialità insolita, in ragionamenti ai quali nessuno era preparato, venendo quivi. Invece di soddisfazioni prese, di soprammani vendicati, d’impegni spuntati, le lodi del novizio, la riconciliazione, la mansuetudine furono i temi della conversazione. E taluno che per la cinquantesima volta avrebbe raccontato come il conte Muzio suo padre aveva saputo in quella famosa congiuntura, fare stare quel marchese Stanislao, che era quel rodomonte che ognuno sa, parlò invece delle penitenze e della pazienza mirabile d’un fra Simone, morto molti anni prima. Sciolta la brigata, il padrone, ancora tutto commosso, riandava tra sè con maraviglia ciò che aveva inteso, ciò ch’egli medesimo aveva detto; e borbottava fra i denti: — diavolo d’un frate! (bisogna bene che noi trascriviamo le sue precise parole) — Diavolo d’un frate! se rimaneva ancor lì per qualche momento in ginocchio, quasi quasi gli domandava io scusa che egli mi abbia ammazzato il fratello. — La nostra storia nota espressamente che da quel giorno in poi egli fu un po’ meno rovinoso e un po’ più alla mano.