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di fra Cristoforo disser chiaro a tutti gli astanti, ch’egli non s’era fatto frate, nè veniva a quella umiliazione per timore umano: e questo cominciò a conciliargli tutti gli animi. Quando egli vide l’offeso, affrettò il passo, gli si pose ginocchione a’ piedi, incrocicchiò le mani sul petto, e chinando la sua testa rasa, disse queste parole: “io sono l’omicida di suo fratello. Sa Iddio se io vorrei restituirglielo a costo del mio sangue; ma non potendo che farle inefficaci e tarde scuse, la supplico di accettarle per Dio.” Tutti gli occhi erano immobili sul novizio e sul personaggio a cui egli parlava; tutte le orecchie erano tese. Quando fra Cristoforo tacque, si levò per tutta la sala un mormorio di pietà e di rispetto. Il gentiluomo, che stava in atto di degnazione forzata, e d’ira compressa, fu turbato da quelle parole; e chinandosi verso l’inginocchiato, “alzatevi,” disse con voce alterata. “L’offesa.... il fatto veramente.... ma l’abito che portate.... non solo questo, ma anche per voi.... Si alzi, padre.... Mio fratello.... non lo posso negare.... era un cavaliere.... era un uomo.... un po’ precipitoso.... un po’ vivo. Ma tutto accade per disposizione di Dio. Non se ne parli più.... Ma, padre, ella

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